Lettori fissi

martedì 31 marzo 2009

Ritratto di Ginevra De' Benci

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Mirabile ritratto della dama fiorentina Ginevra Benci di Leonardo, nota nella cerchia medicea per le sue poesia. Al nome della donna allude il cespuglio di ginepro alle sue spalle.
Leonardo dipinge i tratti delicati e insieme malinconici della donna con una morbidezza e ricchezza di particolari del tutto nuovi, influenzato dalle novità dei pittori fiamminghi, ben conosciuti a Firenze grazie alle relazioni commerciali dei mercanti fiorentini.

sabato 28 marzo 2009

Parmenide

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Ma dal momento che tutto è denominato luce e tenebra e queste, secondo le loro attitudini sono applicate a questo e a quello, tutto è pieno insieme di luce e di tenebra invisibile,
pari l'una e l'altra, perché né con l'una né con l'altra c'è il nulla.

Primavera

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Rampicanti in fiore

Giocano col vento

Primaverile.

Rondini si dondolano

Nell’aria serale.

C’è un ape che si posa

Su un bottone di rosa:

lo succhia e se ne va…

tutto sommato, la felicità

è una piccola cosa.


Trilussa

martedì 24 marzo 2009

Primi passi alla scoperta del mondo

I fiori sono parole, le foglie silenzio... tutto raccolto attorno ad essi.

Tagore

Il condor



Io sono il condor, volo
su di te che cammini
e d'improvviso in un giro
di vento, penna, artigli,
ti assalto e ti innalzo
in un ciclone sibilante
di freddo tempestoso.

Alla mia torre di neve,
alla mia tana nera,
ti porto, e sola vivi,
e ti copri di penne,
e voli sopra il mondo,
immobile, nell'alto.

Donna condor, saltiamo
su questa preda rossa,
straziamo la vita
che passa palpitando
e innalziamo uniti
il nostro volo selvaggio.

Pablo Neruda

La tartaruga



Mentre, una notte, se n'annava a spasso,
la vecchia Tartaruga fece er passo
più lungo de la gamba e cascò giù
co' la casa vortata sottinsù.
Un Rospo je strillò: - Scema che sei!
Queste so' scappatelle
che costano la pelle... -
Lo so: - rispose lei - ma, prima de morì, vedo le stelle.

Trilussa

lunedì 23 marzo 2009

Gabbiani


Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.


Vincenzo Cardarelli

Renoir


Sleeping girl with cat

domenica 22 marzo 2009

La farfalla

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La farfalla non conta gli anni ma gli istanti: per questo il suo breve tempo le basta.
Tagore

sabato 21 marzo 2009

Ecco di nuovo Ostara!



Il nome Ostara proviene dal nome della Dea della primavera Eostre. Questa Dea è legata a una leggenda: un coniglietto voleva così tanto piacere ad Eostre che lasciava in giro uova sacre in suo onore e le decorava con i colori dell'arcobaleno. Quando il coniglio si presentò innanzi alla Dea con il suo dono, lei ne fu così felice che desiderò dividere la sua gioia con tutti gli uomini e chiese al coniglietto di andare in giro per il mondo a donare le uova colorate.Questo è infatti il periodo dell'anno in cui decoriamo le uova e il coniglio le nasconde. Il cesto pieno di uova decorate simbolizza il grembo fertile della Madre, quasi pronto a esplodere nella Terra.

L'uovo sembra che sia sempre stato usato come simbolo della fertilità.  Il tuorlo dorato rappresenta il Dio Sole, il suo albume è visto come la Dea Bianca e il tutto è un simbolo della rinascita. I conigli anche simbolizzano la fertilità soprattutto perchè gli antichi vedevano l'immagine di un coniglio nella Luna Piena. Simbolicamente molti Pagani scelgono di rappresentare Ostara, piantando semi, piantine, suonando campanelli, accendendo fuochi. E' un tempo dove tutto è nuovo e possibile, un tempo ideale per rompere le ultime catene che fermano la crescita.

L'Equinozio di Primavera è un momento di azione, di rinnovamento.
FELICE OSTARA A TUTTI!
CHE E VOSTRE VITE FIORISCANO IN PIENEZZA!

giovedì 19 marzo 2009

Superbo amico

Nobile, benevolo, superbo amico,
Degnati di sedere qui accanto a me
E di volgere occhi gloriosi
Che sorridono ed ardono,
Occhi d'oro, lucente guiderdon d'amore
Sulla pagina d'oro che io leggo.

Algernon Charles Swinburne

Renoir



Sleeping cat

Van Gogh

Romanità



Un giorno una Signora forastiera,

passanno còr marito

sotto l'arco de Tito,

vidde una Gatta nera

spaparacchiata fra l' antichità.



-Micia che fai?- je chiese: e je buttò;

un pezzettino de biscotto ingrese;

ma la Gatta, scocciata, nu' lo prese:

e manco l'odorò.

Anzi la guardò male

e disse con un' aria strafottente:

Grazzie, madama, nun me serve gnente:

io nun magno che trippa nazzionale!


Trilussa

mercoledì 18 marzo 2009

Renoir


Geranium and cat

Dorè


Il Gatto con gli stivali

Tenniel


Illustrazione per "Alice nel paese delle meraviglie"

Manet


Cats' Rendezvous

Matisse

Gatto che dipinge



Egitto 5000 a.c.

La prima rappresentazione pittorica non poteva non risalire agli egizi, che con i loro dipinti funerari dedicati al gatto ci hanno messo a conoscenza di quanta importanza aveva quest'ultimo per loro.
Con i greci invece non andò benissimo, dato che la loro fierezza non si conciliava con l'istinto ribelle del gatto. Di conseguenza, le rappresentazioni feline scarseggiano.
Al contrario, i romani raffiguravano il gatto su scudi e stendardi proprio per il suo carattere indipendente e predatorio.
Anche sotto il cristianesimo le rappresentazioni furono numerose, ma questa volta in senso negativo visto che tendevano a far apparire il gatto come un essere diabolico, malvagio, simbolo del peccato.
La rivalutazione giunse insieme al genio di Leonardo da Vinci che arrivò a definire "un capolavoro" il piccolo felino. A lui dedicò studi in cui lo raffigura nei suoi atteggiamenti abituali: di lotta, di gioco, di caccia, di pulizia personale.
Alla fine del 1500 il gatto era totalmente riabilitato, era tornato ad essere un animale domestico e casalingo. La caratteristica più sfruttata a livello pittorico fu quella di essere ladro.
L'ingresso nell'arte moderna fu un trionfo: Manet, Toulouse-Lautrec, Renoir, Gouguin, dedicarono al gatto uno spazio sulle loro tele. Anche un grande esponente dell'arte contemporanea come Andy Warhol non si dimenticò del nostro felino.

Il gatto



Vieni bel gatto, vieni sul mio cuore amoroso;
trattieni i tuoi artigli
ch'io mi sprofondi dentro i tuoi begli occhi d'agata e metallo.
Quando a bell'agio le mie dita a lungo
ti carezzan la testa e il dorso elastico,
e gode la mia mano ebbra al toccare il tuo corpo elettrico,
vedo in spirito la mia donna:
profondo e freddo come il tuo, il suo sguardo, bestia amabile,
penetra tagliente come fosse una freccia,
e dai piedi alla testa
una sottile aria, rischioso effluvio,
tutt'intorno gira al suo corpo bruno.

Charles Baudelaire

martedì 17 marzo 2009

Gabriella Ferri

Indimenticabile voce di Roma

Anna Magnani

L'attrice che ha dato un volto a Roma

La creazzione der monno



 
Giuseppe Gioacchino Belli, nell'omonima piazza
 
L'anno che Gesucristo impastò er monno,

Ché pe impastallo già c'era la pasta,
Verde lo vorze fà, grosso e ritonno,
All'uso d'un cocommero de tasta.


Fece un zole, una luna e un mappamonno,
Ma de le stelle poi dì una catasta:
Su ucelli, bestie immezzo, e pesci in fonno:
Piantò le piante, e doppo disse: "Abbasta".

Me scordavo de dì che creò l'omo,
E coll'omo la donna, Adamo e Eva;
E je proibbì de nun toccaje un pomo.


Ma appena che a maggnà l'ebbe viduti,
Strillò per dio con quanta voce aveva:
"Ommini da vienì, sete futtuti"

lunedì 16 marzo 2009

La Libbertà

Taggy Taggy's Photo on IMEEM

La Libbertà, sicura e persuasa
d'esse stata capita veramente,
una matina se n'uscì da casa:
ma se trovò con un fottìo de gente
maligna, dispettosa e ficcanasa
che j'impedì d'annà libberamente.

E tutti je chiedeveno: - Che fai? -
E tutti je chiedeveno: - Chi sei?
Esci sola? a quest'ora? e come mai?...
- Io so' la Libbertà! - rispose lei -
Per esse vostra ciò sudato assai,
e mó che je l'ho fatta spererei...
- Dunque potemo fa' quer che ce pare...-
fece allora un ometto: e ner di' questo
volle attastalla in un particolare...
Però la Libbertà che vidde er gesto
scappò strillanno: - Ancora nun è affare,
se vede che so' uscita troppo presto!

Trilussa

L'aquila



L'ommini so' le bestie più ambiziose,
- disse l'acquila all'Omo - e tu lo sai;
ma vièttene per aria e poi vedrai
come si impiccioliscono le cose.

Le vie, li palazzi e li castelli
da lassù sai che sò? Sò giocarelli.
L'ommini stessi, o principi o scopini,
da lassù sai che sò? Tanti puntini!

Da quel'altezza nun distingui mica
er pezzo grosso che se dà importanza:
puro un sovrano, visto da lontananza,
diventa ciuco come una formica.

Vedi quella folla aridunata
davanti a quer tribbuno che se sfiata?
È un comizio, lo so, ma da lontano
sò quattro gatti intorno a un ciarlatano.


Trilussa

All'ombra


Lorenzo Ferri, Trilussa, Roma, Piazza Trilussa

Questa poesia è quella che si trova scritta sulla targa del suo monumento commemorativo.

All'ombra

Mentre me leggo er solito giornale
spaparacchiato all'ombra d'un pajaro,
vedo un porco e je dico. Addio, majale!
vedo un ciuccio e je dico. Addio, somaro!

Forse ste bestie nun me caperanno,
ma provo armeno la soddisfazzione
de potè di' le cose come stanno
senza paura de fini in priggione.

Trilussa

domenica 15 marzo 2009

Ombre del passato...


luci del presente

L'ingenuo



Un ingenuo s’era impegnato con un tale a dimostrare che l’oracolo di Delfi mentiva.

Nel giorno stabilito, prese in mano un passerotto e, copertolo col mantello, andò al tempio, si fermò in faccia all’oracolo, e gli chiese se quel che teneva tra le mani respirava o no.

Se gli fosse stato risposto di no, egli intendeva mostrare il passero vivo: se invece gli fosse stato detto che respirava, l’avrebbe strozzato prima di tirarlo fuori.

Ma il dio, comprendendo il suo malizioso proposito, rispose: “Smettila, uomo, perché sta in te far sì che ciò che hai in mano vivo oppure morto”.

Esopo

La buona canzone


Claude Oscar Monet, Prairie à Bezons


Il dolce sole del mattino intiepidisce e indora
la segale e le messi ancora tutte umide
e l'azzurro mantiene la freschezza notturna.
Si esce soltanto per uscire: si segue,
lungo il fiume dalle vaghe erbe gialle,
un erboso sentiero costeggiato da vecchi ontani.
L'aria è pungente. A tratti vola un uccello,
nel becco qualche frutto di siepe o una pagliuzza,
e il suo riflesso nell'acqua sopravvive al passaggio.
È tutto.
Ma il sognatore ama questo paesaggio
la cui chiara dolcezza d'un tratto ha accarezzato
il suo sogno di adorabile gioia, e cullato
il ricordo incantevole di quella fanciulla,
bianca apparizione che canta e scintilla,
di cui sogna il poeta e che l'uomo ama,
evocando nei suoi forse ridicoli desideri
la Compagna finalmente incontrata, e l'anima
che da sempre l'anima sua piange e reclama.

Paul Verlaine

giovedì 12 marzo 2009

Maddalena penitente

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di Georges de la Tour

Notte d'estate

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L'orizzonte
scaglia nel cielo sereno
lampi
come fitte allo stomaco
Il vento
mi porta l'odore di pioggia
tra i capelli
Poi la luna
come me
si nasconde.

Cesare Pavese

Le vere risposte stanno nel silenzio

Bello sedere semplicemente in silenzio ad ascoltare

semplicemente essere qui

senza nulla da fare

dove domina il silenzio profondo.

Osho

martedì 10 marzo 2009

Quando l'amore è mistero...

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"Gli amanti" di Magritte

Luci sull'acqua



Lanterne galleggianti nel mare di Honolulu in occasione della cerimonia buddista «Toro Nagashi».

Il nibbio che voleva nitrire



Il nibbio, durante il primo periodo della sua esistenza, aveva posseduto una voce, certo non bella, ma comunque acuta e decisa. Egli, però, era sempre stato nutrito da una incontenibile invidia di tutto e di tutti. Sapeva di essere imparentato con l'aquila, ma questo, invece di costituire un vanto, non faceva altro che alimentare la sua gelosia: capiva di essere inferiore e si rodeva dalla rabbia per questo. Invidiava gli uccelli variopinti come il pappagallo e il pavone, lodati e vezzeggiati da tutti. Inoltre, si mostrava sprezzante nei riguardi dell'usignolo, dicendo tra sé: "Sì, ha una bella vocetta ma é troppo delicata e romantica! Roba da donnicciole! Se devo cercare di migliorare la mia voce certamente non prenderò come esempio questo stupido uccello. Io voglio una voce forte, che si imponga sulle altre!"

Era un bel giorno di primavera. Il nibbio se ne stava tranquillamente appollaiato sopra un ramo di faggio, riparato dalle fresche fronde della pianta. Inaspettato, giunse un cavallo accaldato che, cercando un po' di refrigerio, andò a riposarsi all'ombra dell'albero. Sdraiandosi con l'intenzione di fare un sonnellino, l'equino, inavvertitamente si punse con un cardo spinoso e, dal dolore, lanciò un lungo e acutissimo nitrito.

"Oh, che meraviglia!" Esclamò il nibbio con entusiasmo. Questa é la voce che andrebbe bene per me: acuta, imponente e inconfondibile!"

Il nibbio cominciò da quel mattino, ad esercitarsi nell'imitazione di quel verso meraviglioso. Provò e riprovò scorticandosi la gola, ma inutilmente. Quando, dopo molti tentativi senza successo, si rassegnò a tornare alla sua voce originale, ebbe una brutta sorpresa: gli era sparita a furia di sforzarla. cosi dovette accontentarsi di emettere un suono insignificante e rauco per tutta la vita

Esopo

Il faggio sanguigno



Un giovane faggio sanguigno era
testimone del mio primo amore,
e quando inventai la mia prima poesia,
stette a guardare ciò che scrivevo.

Come il faggio sanguigno nessun albero
può abbandonarsi allo sfarzo della primavera,
nessuno ha un sogno d'estate così vivace
e nessuno un avvizzire così brusco.

Un giovane faggio sanguigno sta
in tutti i miei sogni,
un magico passato soffia
intorno al mio albero prediletto

Hermann Hesse

L'addormentato della valle



È una gola di verzura dove un fiume canta
impigliando follemente alle erbe stracci
d'argento: dove il sole, dalla fiera montagna
risplende: è una piccola valle che spumeggia di raggi.

Un giovane soldato, bocca aperta, testa nuda,
e la nuca bagnata nel fresco crescione azzurro,
dorme; è disteso nell'erba, sotto la nuvola,
pallido nel suo verde letto dove piove la luce.

I piedi tra i gladioli, dorme. Sorridente come
sorriderebbe un bimbo malato, fa un sonno.
O Natura, cullalo tiepidamente: ha freddo.

I profumi non fanno più fremere la sua narice;
dorme nel sole, la mano sul suo petto
tranquillo. Ha due rosse ferite sul fianco destro.

Arthur Rimbaud

lunedì 9 marzo 2009

Adone e Venere

di Canova

Un sogno dentro un sogno

Questo mio bacio accogli sulla fronte!
E, da te ora separandomi,
lascia che io ti dica

che non sbagli se pensi
che furono un sogno i miei giorni;
e, tuttavia, se la speranza volo' via
in una notte o in un giorno,
in una visione o in nient' altro,
e' forse per questo meno svanita?
Tutto quello che vediamo, quel che sembriamo
non e' che un sogno dentro un sogno.
Sto nel fragore
di un lido tormentato dalla risacca,
stringo in una mano
granelli di sabbia dorata.
Soltanto pochi! E pur come scivolano via,
per le mie dita, e ricadono sul mare!
Ed io piango - io piango!
O Dio! Non potro' trattenerli con una stretta piu' salda?
O Dio! Mai potro' salvarne
almeno uno, dall' onda spietata?
Tutto quel che vediamo, quel che sembriamo
non e' che un sogno dentro un sogno?


Edgar Allan Poe

Scirocco

 
O rabido ventare di scirocco
che l'arsiccio terreno gialloverde
bruci;
e su nel cielo pieno
di smorte luci
trapassa qualche biocco
di nuvola, e si perde.
Ore perplesse, brividi
d'una vita che fugge
come acqua tra le dita;
inafferrati eventi,
luci-ombre, commovimenti
delle cose malferme della terra;
oh alide ali dell'aria
ora son io
l'agave che s'abbarbica al crepaccio
dello scoglio
e sfugge al mare da le braccia d'alghe
che spalanca ampie gole e abbranca rocce;
e nel fermento
d'ogni essenza, coi miei racchiusi bocci
che non sanno più esplodere oggi sento
la mia immobilità come un tormento.
 
Eugenio Montale

domenica 8 marzo 2009

Ogni volta che ti senti triste siediti accanto ad un albero, ad un fiume, ad una roccia



Rilassati ascoltando semplicemente la tua tristezza senza aver paura.
Più ti rilassi più familiarizzerai con la bellezza della tua tristezza.
A quel punto la tristezza inizierà a cambiar forma: si trasformerà in una gioia silenziosa.

Osho

Carl Gustav Jung

Non ci si illumina immaginando figure di luce,
ma rendendo cosciente la tenebra.

Afrodite

sabato 7 marzo 2009

Ma quale luce apre l’ombra, dal quel balcone?

Ecco l’oriente e Giulietta è il sole..
alzati, dunque, o vivo sole,
e spegni la luna fioca, pallida di pena,
che ha invidia di te perché sei bella più di lei, tu che la servi.

W. Shakespeare, Romeo e Giuletta

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Ombre

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Giunse una luce a due punte,
come lingua di fiamma oscurata,
a guizzare in me.

E così mi sembra
di averti, sempre la stessa,
con me in un unico mondo.

Nel vibrare di un fiore,
in un verme cieco che striscia ancora,
in un topo che si ferma in ascolto...

Tremano
Le nostre ombre, senza che quelli
perdano di lucentezza.

Scossa in ogni parte
vedo la nostra ombra fremere
quasi spuntasse fuori da noi...

Come fossimo un'unica cosa,
un'ombra sola, e la nostra oscurità
non dovesse mai dissimularsi.

David Herbert Lawrence

Dance at bougival

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di Pierre Auguste Renoir

Ballerine

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di Franz von Stuck